TA.R.I architettura per il prossimo

DIVERcity (render), TA.R.I, Russia, 2018

Testo tratto dall’intervista con Marco Tanzilli, fondatore, insieme a Claudia Ricciardi, dello studio di architettura TA.R.I, in data 22 giugno 2021

Secondo noi il tema sarà il vivere sempre più connessi: riuscire a vivere insieme con tutte le persone del mondo tramite la rete. (…) Un allontanamento progressivo dalla vita reale per vivere una vita virtuale.

MARIOerMURO (render generale), TA.R.I, Roma, 2012
MARIOerMURO (render generale), TA.R.I, Roma, 2012

Come nasce l’idea dello studio di architettura TA.R.I?

Lo studio nasce in maniera un po’ anomala: con Claudia non pensavamo di aprirlo. Una volta laureati siamo partiti per Boston, abbiamo lavorato un po’ a Boston, poi abbiamo deciso di tornare e abbiamo cominciato a lavorare qui a Roma nello Studio Nemesi. Mentre stavamo lavorando lì, dove facevamo full time e lavoravamo tantissimo, nei ritagli di tempo, io e Claudia facevamo qualche concorso, la domenica o la notte. Fatto sta che in un concorso importante internazionale – si chiamava Space Salim – siamo arrivati secondi. Il montepremi del secondo posto di quel concorso era talmente importante che ci ha dato la possibilità di dire “Proviamoci, abbiamo la possibilità di aprire uno studio e camminare con le nostre gambe”. Abbiamo continuato a lavorare in parallelo con lo Studio Nemesi e aprendo TA.R.I e poi dopo sei-sette mesi abbiamo focalizzato tutte le energie soltanto su TA.R.I.


Avete un mentore a cui fate riferimento o un ideale a cui vi ispirate?

In generale, i nostri riferimenti progettuali spaziano molto. La nostra generazione ha la possibilità di vedere qualsiasi progetto, in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi momento. Questo ha facilitato tantissimo chi seguire o non seguire sui social, dove anche noi architetti abbiamo studi che preferiamo o meno, a chi ispirarsi… Come discorso accademico, sicuramente abbiamo seguito sempre, se parliamo di mentori in scala più piccola, noi insegniamo anche all’Università La Sapienza come assistenti del Prof. Giancotti e abbiamo collaborato spesso con lui. Io, più di Claudia, ho fatto due volte il corso con lui durante la carriera universitaria, mi sono laureato con lui, ho un rapporto particolarmente confidenziale. Anche Claudia sta finendo il dottorato con lui come relatore. Sicuramente lui è una figura che ci ha fatto innamorare, durante l’università, della materia. La veste di mentore sicuramente, in questo momento, è sua. Poi ovviamente è aperta a tutti i grandi architetti. Veramente tutti: non c’è uno studio che particolarmente seguiamo e ci appassiona, ma sono veramente tantissimi.


Cosa ha costituito per voi di TA.R.I il vostro primo incarico nel campo dell’architettura?

Il primo lavoro in assoluto è proprio quello che citavo: Space Salim, a Seoul in Corea, che consisteva in un’area molto molto estesa per fare un centro per donne e famiglie vittime di violenza. Quindi non era soltanto il classico centro di accoglienza ma in realtà era un complesso molto più grande che prevedeva che queste donne vittime di violenza potessero reinserirsi facilmente nella società. C’erano tanti laboratori, residenze, per farle stare al sicuro lontane da chi praticava violenza su di loro. Ma al tempo stesso c’era anche l’aspetto di interazione sociale fra loro, far passare loro la paura: un tema anche psicologico particolare. Con Claudia questo è stato il progetto che poi ha dato luogo a TA.R.I.

Space Salim (render), TA.R.I architettura, Seoul, South Korea, 2016 - secondo premio
Space Salim (render), TA.R.I architettura, Seoul, South Korea, 2016 – secondo premio

In quanto studio di architettura, TA.R.I ha partecipato a concorsi?

Quello dei concorsi è l’aspetto principale della nostra attività. Facciamo tanti lavori anche privati ma l’attività concorsuale riveste l’aspetto principale. Senza dubbio il concorso più importante, che abbiamo vinto, è in Russia. Un concorso molto particolare anche questo, perché non si trattava di un lotto vero e proprio ma piuttosto di un quartiere sperimentale che potesse ristabilire gli standard urbanistici generali di tutta la Russia dell’edilizia economica e popolare.

DIVERcity (render vista aerea), TA.R.I, Russia, 2018
DIVERcity (render vista aerea), TA.R.I, Russia, 2018

Questo è stato un concorso in due fasi: nella prima fase hanno selezionato trentacinque studi da tutto il mondo. Ci hanno portato lì a Mosca, ci hanno “sequestrato” per dieci giorni e ci hanno portato a visitare tantissime realtà. Di fatto il loro problema è che, a tutti gli effetti, frutto anche di quella che era la politica comunista della Russia precedente. Sono rimasti con standard urbanistici assurdi: abitazioni da 60 mq in cui ci abitano in otto… Non c’erano degli effettivi parametri urbanistici. Per cui chiedevano di fare questo progetto che fosse un quartiere residenziale, anche questo abbastanza grande, mi sembra che fosse sui 50.000 mq. Qui si rispecchiavano tutti questi standard urbanistici, oltre che tutto il progetto architettonico: un vero e proprio quartiere a tutto tondo.

DIVERcity (render), TA.R.I, Russia, 2018
DIVERcity (render), TA.R.I, Russia, 2018

La cosa interessante è stata che, nel momento in cui l’abbiamo vinto – covid a parte, inizieremo il cantiere di questo quartiere sperimentale – è entrata in vigore una nuova legge varata da Putin, in cui si tengono in considerazione tutti gli standard. Dal 2019-2020 si seguono a Mosca gli standard che abbiamo progettato noi.
Questo sicuramente è stato il concorso più importante, con tanti riconoscimenti. Poi abbiamo lavorato altre volte a concorsi internazionali, siamo partiti più volte per la Russia, da invitati, da giudici, per conferenze… Questo è stato il concorso comunque più importante anche come entità internazionale.


A cosa state lavorando ora?

Stiamo facendo un sacco di cose. Primo fra tutti stiamo seguendo una direzione di cantiere, di un progetto non nostro.
Stiamo poi costruendo un piccolo edificio, sempre qui a Roma, che sarà una clubhouse per un centro di equitazione importante e fa parte del circolo del CONI.
Poi stiamo seguendo un progetto ad Isernia per un comparto industriale.
La questione dei concorsi ora si è un po’ arenata perché ovviamente con l’entrata di un gran numero di commissioni, poi non riusciamo a stare su tutto. Anche se comunque siamo un bel po’ di persone che collaborano, diventa lo stesso complicato.


Come si inserisce Visioni Romane?

Visioni Romane, Episodio 09, TA.R.I, con Pietro Salini e Samuel Quagliotto

Visioni Romane è un progetto a cui, con Claudia, pensavamo da un bel po’ di tempo. Nasce con l’obiettivo di parlare di architettura con persone che non sono architetti. A nostro avviso il problema è che, in generale nel panorama nazionale, il ruolo dell’architetto, a livello sociale, non ha più importanza. Non è più visto come prima.
Faccio sempre un paragone visto che ho un passato da cuoco, ho lavorato sei o sette anni, durante l’università, in cucina come cuoco. Mi ricordo che quando ai tempi il cuoco non era la figura che è adesso. Anzi, mi ricordo anche che quando ero piccolo andare all’alberghiero era più o meno la scuola peggiore dove studiare. Oggi invece la situazione è cambiata radicalmente.

NIB EXHIBITION (pannelli espositivi), TA.R.I, Roma, 2019
NIB EXHIBITION (pannelli espositivi), TA.R.I architettura, Roma, 2019

Secondo me questa cosa è successa al contrario con gli architetti. Mentre la generazione prima della nostra ha vissuto un’epoca in cui l’architettura e l’architetto pesavano all’interno della società. Oggi non è più così. A nostro avviso uno dei problemi è anche il fatto che noi architetti tendiamo a stare sempre tra architetti, parlare di architettura sempre tra di noi, fare conferenze dove si invitano architetti che ascoltano altri architetti. È come se la nostra professione si fosse un po’ chiusa rispetto l’esterno, rispetto alla società.

NIB EXHIBITION (corridoio espositivo), TA.R.I, Roma, 2019
NIB EXHIBITION (corridoio espositivo), TA.R.I architettura, Roma, 2019

L’esperimento portato avanti con Visioni Romane era proprio quello di intercettare figure più o meno importanti della società e aprire uno spiraglio su tematiche più o meno particolari riguardo l’architettura. Farlo su Roma era importante perché è una città pazzesca che però non funziona sotto tanti punti di vista. A Roma con tutti i concorsi che si sono fatti di architettura non si è più costruito niente, di importante almeno. La grande architettura di cui si è parlato negli ultimi dieci anni era lo stadio della Roma e comunque, anche lì, sempre problemi, sempre meccaniche… Non si riesce a fare niente in questa città e quindi ad un certo punto ci siamo detti “Ma come è possibile?”. Questo è stato poi il filo conduttore di tutte le interviste che abbiamo fatto, di tutte le chiacchierate con le persona che abbiamo invitato. Perché Roma non riesce a diventare una punta di diamante come Milano – nelle dovute proporzioni e situazioni – ma comunque perché non si riesce?

Tutti dentro! (render), TA.R.I, Roma, 2017
Tutti dentro! (render), TA.R.I architettura, Roma, 2017

L’intento di Visioni Romane è poi sfociato in un altro progetto “Gli Intoccabili”, una mostra molto utopica e provocatoria all’interno del festival Change. Qui sono stati anche invitati altri studi under 35 italiani a cui è stato chiesto di ridisegnare in chiave contemporanea alcune delle piazze più evocative, per cui intoccabili, della città di Roma. È una dinamica importantissima perché Roma, nonostante tutto il background storico che ha, si è sempre evoluta e ricostruita su sé stessa. Basta pensare a Teatro Marcello con tutte le residenze edificate sopra il Teatro Antico Romano. Ce ne sono miliardi di cose così, bellissime, però ad un certo punto si è deciso che, in virtù della conservazione, l’architettura contemporanea nel centro storico non si poteva più fare. E quindi questo processo di rigenerazione, che deve essere normale nelle città, si è interrotto. Ma lo abbiamo interrotto noi. Ovviamente le immagini che abbiamo prodotto erano, volutamente, molto provocatorie per far riflettere su questo tema. Non è quello che vogliamo far passare. Difatti, questo esperimento è stato o molto amato o molto criticato. Noi volevamo di fatto immaginare un nuovo substrato che si addiziona alla città, che la fa crescere, che la fa evolvere. Siamo stati noi a porci il limite nella costruzione, ma questo non solo a Roma, anche a Venezia, Firenze… Si è fermata la capacità della città di evolversi, di crescere, di mutare, in virtù della conservazione.

Tutti dentro! (progettazione e divisione degli spazi), TA.R.I, Roma, 2017
Tutti dentro! (progettazione e divisione degli spazi), TA.R.I, Roma, 2017

Il progetto poi dovrà evolvere in altre iniziative tra cui workshop e conferenze, sempre in Italia a Roma.
Un altro tema che ci coinvolge sempre è il fatto che la politica non abbia più una visione. La politica tutta, intesa in maniera orizzontale. Non si sente più un politico che dice “Io nel 2050 vorrei che l’Italia fosse così. Vorrei portarla a questi numeri. Vorrei che diventasse così. Tutte le mie iniziative saranno volte in quel senso. Per far sì che Roma diventi la città più green d’Europa o la città con il trasporto pubblico più efficiente del mondo, ad esempio.” Arrivano e parlano delle solite cose: le buche, l’immondizia… C’è sempre e solo la volontà di occuparsi dell’ordinario, del quotidiano, che, seppur sia una tematica importante… l’amministrazione uccide la città.

In linea con il tema centrale della Biennale di Architettura 2021, come interpretate personalmente la questione “How will we live together?”

Noi siamo stati alla Biennale il weekend scorso. Rispetto a Biennali precedenti, la cosa che ho trovato interessante è il fatto che, tanto dai padiglioni stranieri quanto da quelli italiani, escono delle tematiche che riguardano l’architettura e che riguardano soprattutto l’architettura del futuro. Il tema a cappello è sicuramente affascinante. Io e Claudia ci siamo confrontati, anche visitando la Biennale, su come vediamo questo aspetto. Sicuramente le tematiche sono molto molto complesse. Senza dubbio, in questo periodo soprattutto, ci siamo resi conto di come la casa è diventata – nonostante sia sempre stata il luogo più intimo a nostra disposizione – nel momento in cui siamo stati costretti a viverci dentro, particolarmente pesante. Quindi il vivere durante il covid dentro casa ci ha portato a spingerci, non tanto la nostra generazione che già lo era ma più quelle precedenti, ad entrare su Internet che si è sviluppato tantissimo. Secondo noi il tema sarà il vivere sempre più connessi: riuscire a vivere insieme con tutte le persone del mondo tramite la rete. Secondo me il futuro sarà lì, magari anche in maniera negativa, immaginando un futuro distopico in cui non si esce più di casa. Si sta sempre di più andando verso questa direzione secondo noi. Un allontanamento progressivo dalla vita reale per vivere una vita virtuale.

MARIOerMURO (render), TA.R.I, Roma, 2012
MARIOerMURO (render), TA.R.I architettura, Roma, 2012

Fonti:
TA.R.I

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