atelierQUAGLIOTTO architettura per il mondo

Viinikanlahti Tampere Finland (render), atelierQUAGLIOTTO, 2019

Testo tratto dall’intervista con Samuel Quagliotto, fondatore dello studio d’architettura atelierQUAGLIOTTO

Quando sei dentro una chiesa, e in quel grande silenzio anche il più piccolo bisbiglio inonda il vuoto che ti circonda questo a me personalmente fa vibrare le corde dell’anima e mi fa realizzare come l’architettura ha la capacità ineffabile di scaturire dentro di me delle emozioni.

Complesso Parrocchiale Maria SS. del Rosario (render interno), atelierQUAGLIOTTO, Terrasini (PA), 2020
Complesso Parrocchiale Maria SS. del Rosario (render interno), atelierQUAGLIOTTO, Terrasini (PA), 2020

Com’è nata l’idea di atelierQUAGLIOTTO?

Nasce da me, Samuel Quagliotto, subito dopo la laurea magistrale ti parlo del 2014, come voglia di poter finalmente progettare senza avere un professore che ti dice come disegnare, pensare o modificare un progetto semplicemente perché non la pensi come lui. Avevo desiderio di essere libero nel lavorare ad un progetto, prevalentemente concorsi, seguendo l’insegnamento dai maestri che studiavo, e studio tutt’ora. Fin da subito volevo creare un’atelier, un luogo fatto di rapporti, relazioni, scambio di idee, indagini e studi. Inoltre il termine “atelier” mi riporta ad una immagine romantica del nostro mestiere da architetti, e allo stesso tempo è l’immagine che vorrei trasmettere del nostro metodo.


Da chi e/o da che cosa trai ispirazione nel tuo lavoro? In che modo?

Sono un amante della natura e dei materiali naturali e ciò mi ha fatto avvicinare fin dai primi anni dell’università ad Alvar Aalto. Da lui ho iniziato a studiare l’architettura dei paesi scandinavi fino a stabilire un preciso campo di ricerca intorno all’architettura e al design di interni della Danimarca. A breve dovrebbe uscire il libro che ho scritto sull’architetto danese Kay Otto Fisker edito da Campisano Editore, e che è il risultato della ricerca di dottorato.
Mi ispiro molto all’architettura danese perché è un’architettura democratica e quotidiana. Tutte queste ricerche mi permettono di elaborare un mio pensiero critico e di conseguenza un metodo compositivo legato al passato ma aggiornato mediante una rielaborazione filtrata dalla nostra sensibilità.

Viinikanlahti Tampere Finland (proposta), atelierQUAGLIOTTO, 2019
Viinikanlahti Tampere Finland (proposta), atelierQUAGLIOTTO, 2019


Ti voglio fare un esempio del nostro metodo, per il progetto del concorso Viinikanlahti, a Tampere in Finlandia, abbiamo indagato la struttura urbana e linguaggio folcloristico delle città medievali della Finlandia, come Rauma e Porvo. Siamo partiti rielaborando questi aspetti culturali dell’identità di una nazione per disegnare un nuovo quartiere, allo stesso tempo aggiornando anche il linguaggio dei volumi ispirandoci alle capacità del mattone come materiale che stabilisce una ricca articolazione dei prospetti così da generare prospettive urbane suggestive per i futuri abitanti.

Viinikanlahti Tampere Finland (particolari facciate), atelierQUAGLIOTTO, 2019
Viinikanlahti Tampere Finland (particolari facciate), atelierQUAGLIOTTO, 2019

Cosa ha costituito per te il vostro primo incarico?

È stata la realizzazione di un padiglione temporaneo per il mercato natalizio di Aosta, a seguito della vincita del concorso bandito dal comune. Realizzarlo mi ha permesso di conoscere il rapporto che si instaura tra l’architetto e l’artigiano. Penso che quel rapporto mi ha formato perché avevo davanti artigiani che sapevano come rendere reale un’idea, la sapevano costruire e nel farlo hanno modificato il progetto per motivi costruttivi. Quel dialogo con l’artigiano e quell’adrenalina nel vedere fruibile nel mondo ciò che prima era solo un’ idea nata nella tua mente è stata l’epifania conclusiva che l’architetto è l’unico mestiere che potrei fare.


Quale progetto ti ha dato più soddisfazione? Perché?

Ho ricevuto la stessa soddisfazione da tutti progetti in egual modo, sia vinti o menzionati che non. La soddisfazione che ricevo dai progetti è che ognuno di questi mi fa maturare e crescere perché mi mettono davanti ad una domanda alla quale devo riflettere per dare una risposta compositiva appropriata al tema e al luogo, per lo meno dal mio punto di vista. Ma oltre alla soddisfazione professionale, vi è anche quella umana, quando a fine progetto il gruppo dell’atelier risulta essere più unito perché ognuno ha collaborato e sa di aver dato il proprio contributo intellettuale e grafico al progetto.


A cosa state lavorando ora?

Attualmente ci sono tre progetti che corrono parallelamente oltre a qualche lavoro di ristrutturazione. Ho appena concluso il progetto di alcuni arredi sacri per una chiesa. Sto partecipando al concorso Europan 16 e allo stesso tempo, in collaborazione con un altro studio, stiamo partecipando al concorso per il ridisegno degli interni di una Cappella a
Roma.

Complesso Parrocchiale Maria SS. del Rosario (render), atelierQUAGLIOTTO, Terrasini (PA), 2020
Complesso Parrocchiale Maria SS. del Rosario (render), atelierQUAGLIOTTO, Terrasini (PA), 2020

Mi parli dell’intervento Change Festival a Piazza Farnese in occasione del progetto “Visioni Romane” dei ragazzi di TA.RI?

Ho cercato di dare una visione di come potesse realmente essere trasformata Piazza Farnese. Un ridisegno che con l’introduzione della natura sia in grado di darle un’aspetto di piazza intima per la quotidianità dei cittadini. Ma c’era anche la volontà di rievocare con lo specchio d’acqua, che caratterizza una delle due fontane, un’immagine del passato visto che Piazza Farnese fu la prima piazza ad essere allagata per rinfrescare le giornate estive. Il testo che accompagna l’immagine volevo fosse un racconto che tentasse di immergere il lettore, con ancora più enfasi, nella visione.

Change Festival – Visioni Romane (render), atelierQUAGLIOTTO, Piazza Farnesina, Roma
Change Festival – Visioni Romane (render), atelierQUAGLIOTTO, Piazza Farnesina, Roma

Ad ogni modo l’idea di “Visione Romane” pensato dai TA.RI. e tutte le visione proposte, seppur alcune abbiano estremizzato eccessivamente la visione tanto che più che avvicinare il cittadino lo abbiano allontanato, credo siano il frutto di un pensiero condiviso che vede Roma e le sue piazze forse troppo monumentali e poco rapportate alla loro funzione di tenere in comunione le persone suggerendone una vitalità ed una ricchezza di vivere lo spazio urbano.


Ho visto che nella vostra ricerca vi rivolgete anche all’ambito sacro, per niente scontato vista la direzione che sta prendendo l’architettura oggi. Come mai avete deciso di intraprendere questo percorso?

È un tema a me molto caro, credo molto in Dio e mi reco spesso in chiesa fuori l’orario delle messe. Isolarmi temporaneamente dentro questi luoghi mi fa sentire veramente più vicino a Dio e con me stesso, e da architetto sento quasi il dovere di indagare l’architettura sacra, nel tentare di dare una giusta risposta progettuale. È un tema complesso in cui bisogna calibrare le funzioni più pratiche, quindi la distribuzione e la dimensione dei differenti ambienti, con le funzioni più intime e spirituali. Si ha la possibilità di usare l’architettura nella sua più grande potenza a mio avviso, immaginare sia dispositivi capaci di lavorare la luce e sia pensare lo spazio in rapporto tra la dimensione umana e lo spazio architettonico tale da andare a toccare la sensibilità delle persone e renderle più propense a sentirsi vicine a Dio, o alla figura divina in cui credono.

Chiesa nel porto sud (render esterno), atelierQUAGLIOTTO, Copenhagen, Danimarca
Chiesa nel porto sud (render esterno), atelierQUAGLIOTTO, Copenhagen, Danimarca

Quando sei dentro una chiesa, e in quel grande silenzio anche il più piccolo bisbiglio inonda il vuoto che ti circonda questo a me personalmente fa vibrare le corde dell’anima e mi fa realizzare come l’architettura ha la capacità ineffabile di scaturire dentro di me delle emozioni. E che sia una chiesa antica o moderna (ma ben pensata) è uguale, per farti un esempio che sia l’Abbazia di Fossanova a Priverno o la chiesa di Santa Maria Assunta a Riola di Alvar Aalto, in entrambe c’è questo carico poetico pensato per l’anima dell’essere umano.

Chiesa nel porto sud (pianta e render interno), atelierQUAGLIOTTO, Copenhagen, Danimarca
Chiesa nel porto sud (pianta e render interno), atelierQUAGLIOTTO, Copenhagen, Danimarca

Dalla vostra pagina, ho notato una grande varietà di progetti, che si distinguono anche per il contesto nel quale si inseriscono (dal locale all’internazionale, ad esempio). In che ambito preferisci operare?

Proprio per la varietà che hai notato, l’ambito che mi interessa sono le città. L’architetto è cittadino del mondo, per rubare una frase già nota. Mi incuriosisce molto come nelle differenti culture che popolano il mondo si possano rintracciare affinità nel modo di vivere gli spazi domestici o gli ambiti urbani, ma in questi si leggono molto spesso caratteri architettonici differenti, proprio quei caratteri che dichiarano l’identità della popolazione.
Forse il motivo per il quale tendo ad affrontare progetti locali e internazionali risiede nel fatto che perseguo una ricerca sull’architettura come identità di un popolo.

African House – A home for Jorejick Family (render), atelierQUAGLIOTTO, Tanzania, Africa. 2020
African House – A home for Jorejick Family (render), atelierQUAGLIOTTO, Tanzania, Africa. 2020

In linea con il tema centrale della Biennale di Architettura 2021, come interpreti personalmente la questione “How will we live together?”

Riscoprendo un po’ di arcaicità e ordinarietà, sia nell’architettura che nello stile di vita.
L’architettura plasma la vita delle persone, se progettiamo grattacieli o palazzi alti stiamo automaticamente progettando una società i cui individui avranno sia poche possibilità di conoscersi tra di loro sia un rapporto meno diretto con l’aria aperta e la natura. Quindi una società individualista e non comunitaria. Nel dirti queste parole penso al libro “Vita in Città” di Jan Gehl, alla struttura dei paesini medievali europei, così a come tutti quei progetti degli anni ’60-’80 di edifici bassi ad alta densità (low rising- high density) sviluppati in Danimarca e che mettono al centro del progetto queste riflessioni. In questi ultimi anni, proprio questi modi di abitare sono stati ripresi in Scandinavia e che, secondo me, costituiscono la direzione futura del vivere insieme in rapporto con se stessi, gli altri e l’ambiente che ci circonda.

Piazza Giacomo Matteotti Foligno (render), atelierQUAGLIOTTO, Foligno (PG), 2018
Piazza Giacomo Matteotti Foligno (render), atelierQUAGLIOTTO, Foligno (PG), 2018

Ma non è solo un fatto di architettura. Dovremmo stabilire uno stile di vita lento, fatto di momenti per il lavoro così come per il tempo libero in egual misura. Meno burocrazia e lavoro inutile e più pragmatismo e concretezza. Meno distrazioni effimere e più relazioni costruttive. L’architettura giocherà un ruolo chiave, ma vi dovrà essere una forte presa di coscienza e un cambiamento culturale sullo stile di vita.


Cosa auguri al tuo studio per il prossimo futuro?

Ti potrà suonare banale come risposta, ma riuscire a vincere concorsi e realizzarli, ma anche ottenere commesse interessanti e stimolanti. Auguro al mio atelier di poter essere uno di quelle realtà capaci di contribuire allo sviluppo delle città italiane perché crediamo di essere all’altezza di poterlo fare. E uno dei miei desideri è riuscire ad aprire una piccola sede anche a Copenaghen.

Nuovo Polo Scolastico Montesperoli (render), atelierQUAGLIOTTO, Montesperoli (FI), 2019
Nuovo Polo Scolastico Montesperoli (render), atelierQUAGLIOTTO, Montesperoli (FI), 2019

Fonti:
atelierQUAGLIOTTO

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